l'informazione di Panarea (a cura dell'Associazione Ama Panarea)
Panarea, GUIDA ALLE VACANZE - Giornale dell'isola - il portale di informazione e notizie dell'isola di Panarea su turismo, trasporti, alberghi, ristoranti, hotel, flora, fauna, geologia, storia, archeologia. Per chi Ama Panarea
Torna alla pagina precedente

31 LUG - IL PARERE DI PINA: MUORE MICHELANGELO ANTONIONI, UN PEZZO DI PANAREA SE NE VA (31/07/2007 - 22.55)
Noi isolani ci uniamo al dolore dei familiari e il ricordo di quel grande artista rimarrà sempre nel nostro cuore.
Avvia la stampa di questo articolo

Invia questo articolo



E' morto oggi a Roma Michelangelo Antonioni, aveva 94 anni. Assistito fino all'ultimo dalla moglie Enrica Fico, il grande regista italiano, amato e celebrato in tutto il mondo, come dimostra l'Oscar alla carriera ricevuto nel 1995, lascia un vuoto incolmabile non solo nel mondo del cinema. E' stato un grande artista e per noi di Panarea è stato il nostro orgoglio, il nostro vanto. Lui amava la nostra isola tanto che l'ha voluta, nel lontano 1959, sfondo essenziale nel suo film "L'Avventura", che poi sarebbe diventato uno dei suoi grandi successi.
Quel film che riflette il disagio esistenziale della società borghese italiana, mostrando tutto l'aspetto dell'incomunicabilità e dell'alienazione dei protagonisti. Naturalmente, il disagio è descritto ricorrendo alle immagini, frutto di una costruzione ben definita che si rapporta continuamente con personaggi e spazio circostante, tanto da rendere i dialoghi superflui. Panarea ne era lo sfondo. Un capolavoro.
Monica Vitti ricorda: "Giravamo in un'isoletta vicino a Panarea. Non c'era niente, né acqua, né soldi, né contatti col mondo esterno. Michelangelo chiamava Roma utilizzando un vecchio radiotelefono dell'esercito americano, tentando di ottenere soldi dalla produzione". Quell'isoletta era Lisca Bianca.

Noi isolani ci uniamo al dolore dei familiari e il ricordo di quel grande artista rimarrà sempre nel nostro cuore.

Ma vorrei riportare qui di seguito alcuni ricordi del regista Enrico Ghezzi, che scrisse un articolo per Amapanarea tempo fa (ancora in archivio nelle news).

Pina Cincotta Mandarano



Schegge di ventanni prima

Visto/fatto dall’elicottero, il percorso panarealiscabiancastromboli sembra condensato e ininterrotto come questa parola assurda di un luogo troppolungo che ho appena scritto. Poche settimane fa, mi ero accorto di colpo che erano passati vent’anni (troppo) esatti dal luglio 1983 in cui con Michele Mancini – e con nennella amore mio- ero passato da panarea per inseguire a lisca bianca (insieme con michelangelo antonioni stesso) le tracce apparentemente reali di uno dei più potenti lavori ‘immaginari’ che siano stati fatti negli ultimi cinquantanni al mondo, nel mondo non tanto contaminato quanto rivis(su)to dal cinema, il film L’AVVENTURA.
Anche questi ventanni si concentrano e svaniscono in uno spaziotempo immediato, più conciso delle poche righe che sto dipanando. Del resto, il film era e fu il manifestarsi di una sparizione misteriosa inaugurale assoluta, quella di Anna/Lea Massari, che avviene e avveniva (e avverrà, finché il film si vedrà) nelle poche migliaia di metri quadri dell’isolotto nudo di Lisca Bianca.
Antonioni tornò con noi (a circa venticinque anni dalla lavorazione del suo film), girando un folgorante Inserto Girato a Lisca Bianca: ‘Inserto’ perché doveva entrare nel ‘nostro’ film sul ‘falso ritorno’ che è sempre il riandare sul set di un film, di un ‘già girato’ appunto. Anche malato, so che il regista è tornato più volte, variamente commosso, sul luogo del ‘delitto’. Noi, rinviando di volta in volta la fine del lavoro (del gioco, più precisamente), l’abbiamo reso infinito bloccandolo. Quasi avessimo capito che da quel momento avremmo dovuto –e mai potuto- tornare ogni istante a lisca bianca, filmare ogni minuto o ogni giorno l’erodersi della roccia nel vento e nel mare, il mutare di quei segni che avevamo reperito uno a uno, incantando antonioni e incantandoci noi stessi. Riportare ogni anno la piccola ‘giovanna (figlia) di pina’ sullo scoglio in cui scompariva o da cui era fuggita per sempre Lea Massari.?
Non è stato così, appunto, eppure lo è stato ancor più. Misurare prima con la barca poi a piedi poi dall’elicottero il perimetro sassoso di quella lisca magica e assente e quasi disparente proprio a causa dell’esser piantata lì, in quel tratto di mare affollato di isolette belle e caratteristiche, in gola all’arcipelago, è stato abbandonarsi alla vertigine delle cose impossibili. Facili magari (neanche troppo: basta anche solo un po’ di vento, e il mare impedisce lo sbarco con le telecamere, mancando un vero attracco o approdo; e proprio il giorno in cui portammo giovanna con noi, nel 1983, un lungo colpo di vento ci bloccò per tutta la giornata lì, ché le barche non potevano avvicinarsi), ma certo impossibili se (come disse un filosofo amico delle isole) ‘si può tornare solo dove non si è mai stati’.Si, qui eravamo stati (e beffardamente e teneramente, senza mai ritornare, per anni abbiamo continuato a consigliare agli amici le camere e la cucina della pina), e qui non potevamo tornare, come per un sortilegio. La decisione improvvisa di tornare, di rigirare da solo, di venire con una creatura sublime e terribile (hélène) che a sua volta (mi) fa parere possibile tornare dove ‘uno, è già troppo’ , ovvero nell’amore. Non so cosa voglia dire. Dalla casa in alto, in ‘montagna’ come dicono e dite qui/lì, ho visto e filmato tutti i giorni con la stessa inquadratura Stromboli, altro luogo di una straordinaria epifania filmica (rossellinianan). A volte evanescente, altre imponente e scuro, altre sbiancante nei vapori, o così cristallino da parer trasparente. Lisca Bianca, dietro la quale forse mi sarebbe sorto il sole, non si vede di lì. Neanche domani la vedrò, dall’alto. Poi dall’aliscafo apparirà. Per disparire, isola nontrovata perché troppotrovata. Strano effetto, la sparizione. Credevo di trovare panarea vociante e ipermondanizzata, come già pareva essere ventanni fa, essendomi invece da un po’ abituato alla studiata eppur inevitabile (quindi inutilmente studiata) severità stromboliana. Invece, colpa proprio di Stromboli, della sua esplosione, dell’onda anomala di fine anno, e magari dell’euro del caldo dei prezzi della crisi, ecco il ‘regalo’ (‘qui’ qualcuno mi odierà) di un’isola meno abitata, senza rumore, solcata solo dal ronzio di vespe e macchinine elettriche, o da quello dell’elicottero delle navi degli aliscafi. Venite, venite onde anomale. A ricordarci la nostra anomalìa, la pretesa folle di un’intera società di vivere senza amore. Tra poco mi alzerò, guarderò panarea prima di attraversarla con i bagagli, vedrò Stromboli in fondo. Crederò di partire e di tornare. L’isola, luogo dove i fantasmi hanno carne e possono (tra rossellini e antonioni) apparire e sparire con maggiore evidenza, m ricorda che non ci sono mai stato, essendoci da sempre (proprio come funziona il cinema). Sto quindi, ora, tornando?

--- enrico ghezzi